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Il romanzo di Michele Rondelli sul disastro minerario di Cozzo Disi

Michele Rondelli, Testimoni sepolti, Le dalie nere, Ianieri edizioni, € 19

Diciamo fin da subito che è veramente difficile per uno scrittore siciliano evitare di guardare alla ricchissima e prestigiosa tradizione letteraria che lo ha preceduto. Impossibile poi tentare la rimozione del confronto coi grandi autori. Questa sfida si presenta più ardua a chi voglia poi raccontare nella forma del romanzo storico, un episodio del 1916 tra i più luttuosi della nazione in guerra in cui hanno perso la vita 89 solfatari. La misconosciuta tragedia è quella che ha visto una delle più grandi zolfare d’Europa, quella di Cozzo Disi e Serralonga, teatro di una tragedia mineraria e mai veramente raccontata e portata all’attenzione di un’opinione pubblica più ampia di quella locale, di Casteltermini, Agrigento, Sicilia interiore e mineraria.

Ebbene questa difficile e molteplice sfida, quella del confronto con gli autori del passato e quella dello stile, mi sembra sia stata abbondantemente superata dal romanzo che Michele Rondelli ha voluto dedicare all’evento, alla storia patria, ed alla sua equilibrata passione letteraria. Come oculatamente avvertito il lettore nell’antiporta del frontespizio, Rondelli ha voluto metterci molto del suo, ha ricostruito una storia dimenticata partendo dal poco che i fatti storici offrono, affrescando via via una lunga narrazione, piacevole nel suo fluire, con molti personaggi e un intreccio ben congegnato. Il narratore è Ruggero De Robertis, un cronista di nera spedito da Palermo a Calarmena (una Vigata rondelliana, unico luogo camuffato) per indagare su un apparente delitto passionale. In una lunga sequenza di episodi collaterali si giungerà in varie riprese temporali a indagare sulla dimensione mafiosa che regge le relazioni del potere politico ed economico fino a far luce sulle vicende delle miniere.

Inevitabili i luoghi del testo in cui riecheggia appunto la grande tradizione letteraria siciliana, da Verga a Pirandello, da Sciascia a Camilleri, a volte sapientemente mimetizzati altre palesemente evocati come in un gioco tutto interno al piacere di scrivere sapendo che l’arte del racconto in Sicilia richiede passione, creatività e impegno non solo letterario. 

Peppe Puntarello