Immigrazione a Palermo nel 1997

Pubblicato su Città Utopia

Non è difficile per chi ha un minimo di dimestichezza con la storia e i miti che animano la tradizione di Palermo, fare delle ovvie associazioni tra il passato e il presente quando si parla di stranieri. Basti pensare che uno dei simboli della città “il Garraffo” che rappresenta il genius loci, lo spirito nativo del luogo, raffigura un vecchio re che porta un grosso serpente avvinghiato con i denti al petto. La tradizione riconosce in questo simbolo la città che ripudia i propri figli ed accoglie gli stranieri. Sorte infausta ma non troppo lontana dalla realtà anche di questi tempi. Ma oggi gli stranieri sono diventati immigrati e per di più extracomunitari. Si sa la capacità di trasformazione della storia incide anche sul modo di percepire il mondo ma difficilmente agisce sulle abitudini profonde connaturate in un popolo.

La definizione di crocevia del Mediterraneo sembra resistere a qualsiasi ossidazione del tempo. Palermo continua ad essere una città di transito dei flussi migratori provenienti dall’Africa e dall’Asia. Tamil (per lo più rifugiati politici), Marocchini, Tunisini, Ghanesi, Nigeriani, Filippini, Ivoriani, Capoverdiani, e Mauriziani questi i gruppi più rappresentati.

A voler calcolare quanti sono gli immigrati ufficialmente residenti in città, bisogna rifarsi a un dato approssimativo che li stima in un numero che va dai 10 ai 12.000. Ma bisogna aggiungere ovviamente a questi numeri i molti altri immigrati che non risultano ufficialmente presenti e che qualcuno stima in un numero pressochè simile al dato precedente. I dati ufficiali più precisi riguardano le richieste di sanatoria scattate in seguito all’approvazione della Legge Dini del Novembre 96, che riguardano perciò solo il censimento possibile della popolazione presente sul territorio in grado di dimostrare la loro presenza in città con la documentazione pertinente allo svolgimento di un regolare lavoro: di 5958 domande, 5042 hanno ottenuto il regolare permesso, delle 916 restanti 272 sono le espulsioni e le notifiche in corso, 368 mancano di prova della presenza prima del Novembre 95, 130 in attesa di riscontro degli esami dattiloscopici.

Nell’impossibilità dunque di avere stime ufficiali su tutta la popolazione degli immigrati residenti (ufficialmente e non) ci dobbiamo accontentare delle stime contrastanti e sempre approssimative di alcuni operatori che si occupano di immigrazione e che forniscono cifre complessive che oscillano tra 25.000 e 40.000.

A numeri cosi elevati però non corrispondono sul territorio strutture e servizi in grado di soddisfare problemi ed esigenze di una cosi vasta popolazione di extracomunitari. Poche le strutture in grado di offrire servizi per la prima accoglienza. Tra queste quella che si presenta immediatamente come punto di riferimento per tutta la comunità degli extracomunitari è il centro di Santa Chiara gestita da Padre Meli che ormai da dieci anni si occupa di fornire servizi e primi aiuti ai nuovi arrivati.

Asoltando le testimonianze di molti stranieri, di molti operatori sociali scopriamo che i motivi per i quali molti extracomunitari decidono di cominciare a Palermo la loro avventura della speranza, sono legati alle condizioni economiche favorevoli per quanto riguarda il costo della vita, alla non difficile ambientazione e integrazione con i palermitani e perchè no per molti anche il fattore climatico non troppo diverso da quello del proprio luogo di origine diventa determinante.

Ma non possiamo considerare Palermo un’isola felice scevra da problemi di varia natura: dall’istruzione delle pratiche per l’ottenimento dei permessi di soggiorno, al problema del lavoro, a quelli dell’alloggio, dei servizi, dei luoghi di incontro, alle scuole, alla connivenza con la microcriminalità.

Non risulterà insensato aggirandosi per il centro storico definire Palermo città multietnica. Infatti la stragrande maggioranza degli immigrati vive nelle migliaia di case del centro storico abbandonate dai palermitani, anche se in condizioni di assoluta carenza di norme igieniche e sanitarie. Il problema dell’alloggio si presenta come uno dei più gravi per chi decide di venire a Palermo con l’intenzione di inventarsi dei meccanismi di sopravvivenza. Alloggi fatiscenti a prezzi irragionevoli costringono gruppi numerosi di extracomunitari a convivere in spazi ristretti e privi dei più elementari servizi igienici.

Per quanto possa essere connaturata la tradizionale benevolenza dei palermitani, la disponibilità alla tolleranza dimostrata negli anni verso gli extracomunitari, il destino degli immigrati a Palermo deve fare i conti, sopratutto in alcuni ambienti, con fenomeni vecchi ma persistenti. Il punto più dolente è senz’altro l’aspetto socio-economico generale della città. Ottenere il permesso di soggiorno per un extracomunitario significa poter dimostrare di essere in possesso di una occupazione e di essere stato messo in regola dal datore di lavoro. Ma le occupazioni più diffuse che a Palermo possono svolgere gli immigrati sono quelle della collaborazione domestica e dell’assistenza ai malati o agli anziani. Lavori per i quali i datori di lavoro non sono disposti a pagare gli oneri fiscali. Ecco che si insinua in questa fase della contrattazione il ricatto della certificazione. Ai lavoratori tocca il pesante onere della contibuzione fiscale in cambio del tanto aspirato permesso di soggiorno. Non sono rari i casi di sfruttamento, di compravendita delle certificazioni o di sconfessioni da parte dei datori di lavoro. Alcuni immigrati hanno pagato fino a tre milioni per comprare la documentazione necessaria per l’ottenimento del permesso di soggiorno. E’ così che si diventa ostaggi dei datori di lavoro: o taglio sui contributi o tagli sulla paga. L’aspetto burocratico si complica se si considera che non c’è coordinamento fra i vari uffici che si occupano del disbrigo delle pratiche per l’immigrazione: l’Ufficio Stranieri della Questura, l’USL, la Camera di Commercio. Chi deve occuparsi delle soluzioni ?

Anche per quanto riguarda l’aspetto puramente socio-culturale, pochi sono i luoghi destinati alla socializzazione e all’integrazione. Molto ha fatto, ma rimane ancora un caso isolato, il Centro di Santa Chiara, dove è possibile per molte comunità autogestire le attività ricreative, costituire un Asilo nido, tenere assemblee di coordinamento fra i vari gruppi, seguire corsi di lingua, organizzare feste e concerti.

Inquietante invece il problema della connivenza di alcuni gruppi con la criminalità palermitana: l’enorme giro della prostituzione, gestito dai Ghanesi che sfruttano in collaborazione con gli indigeni ambienti malavitosi le giovanissime ragazze Nigeriane, l’ormai consolidato traffico di stupefacenti gestito dai gruppi di Marocchini e Tunisini.

Anche l’Amministrazione Comunale si è mostrata sensibile alla questione dell’immigrazione, ma poco è stato fatto anche se le intenzioni sono buone. La costituzione di un progetto per gli immigrati che prevede l’apertura di un centro di prima accoglienza, di vari sportelli informativi, l’istituzione di un’assemblea consultiva degli immigrati che dialoghi con il Comune, rimane però ancora solo a livello progettuale.

I dati che emergono con forza dunque sono quelli relativi alla legislazione che continua a trattare come “problema” il fenomeno della circolazione e della mobilità delle persone provenienti dai paesi in via di sviluppo. In tempi di globalizzazione dell’economia e di mondializzazione dei mercati bisognerebbe forse avere un approccio complessivo ai “problemi” che sono legati alle rapide trasformazioni della società planetaria.