Breve analisi sul set del film La finestra sul cortile di Alfred Hitchcok, Il set come apparato di visione

Breve analisi sul set del film La finestra sul cortile (Rear window) di Alfred Hitchcok

Il set come apparato di visione

Pochi film della storia del cinema sono imperniati in un’unica location ed un unico set scenografico che si rende indispensabile per la narrazione. Il set è la ricostruzione della cortile interno sul quale si affacciano i prospetti posteriori di una serie di edifici del Greenwich Village. Si distinguono  tipologie diverse: alcuni di due altri di tre piani, qualcuno dispone di un veranda e di un lucernario. Le superfici sono quelle tipiche del greenwich a mattoni rossi, elementi architettonici in legno. Alcuni appartamenti hanno i balconi, altri anche le scale d’emergenza esterne tipiche delle costruzioni di New York. Le molteplici finestre che scandiscono la superficie dei tre edifici che delimitano sono il vero protagonista scenografico del film. Il set è una scatola chiusa da tre lati perforati da una decina di finestre che sono a loro volta dei piccoli set, cfr. Frattali, che raccontano delle microstorie anzi è proprio  a partire da queste che si snoda il racconto principale, è da esse che il protagonista, e con lui il pubblico, si fa catturare in una tensione crescente, lungo lo svolgimento di un vero e proprio giallo. Lo spazio è articolato sapientemente in un’alternanza di pieni e vuoti, di balconi e finestre, di giardino e di scale, di lucernari e tetti. È la scenografia che offre alla visione un sistema fatto di schermi — tende chiuse, tapparelle, griglie —  e trasparenze — tende aperte, vetri, sfondamenti– un dispositivo ricco di filtri e diaframmi permettendo uno dei meccanismi chiave della narrazione: il gioco della visione tra negazione e ed esposizione, tra sguardo ostacolato e voyeurismo consumato, tra ciò che è esterno, in cui prevale lo sguardo del soggetto e ciò che è interno, in cui prevale la visione dell’oggetto.

A contrapporsi a tutto ciò che viene osservato, visto, esplorato, scandagliato è l’altro set: interno del piccolo appartamento del protagonista, il luogo che costituisce il punto di vista privilegiato, quello del principe nel teatro rinascimentale all’italiana, quello da cui è possibile vedere quasi tutto, quello da cui osserva il pubblico che assiste, passivo spettatore che condivide empaticamente la sorte dell’impotente fotografo costretto sulla sedie a rotelle da una pesante ingessatura alla gamba. Altro set dunque anch’esso scatola, piccola ma ricca di elementi di attrezzeria, di dettagli d’arredo che raccontano quasi tutto sulla storia di Jefferey: alcune foto e alcune fotocamere distrutte rivelano la propensione al pericolo del nostro reporter, altre foto l’ordinarietà del lavoro che permette di sopravvivere, il discreto successo in carriera, pochi libri e principalmente lei una finestra tripartita, ampia, corredata da una tendina veneziana. È da questa stanza che il pubblico vede tutto come il protagonista, è una camera oscura ad accesso universale, non a caso le osservazioni migliori si fanno in condizioni di luce ideale, al buio, di notte, è il buco della serratura del pubblico, il luogo del punto di vista condiviso.

Unico sfondamento possibile allo sguardo è uno stretto vicoletto tra due edifici che offre una micro apertura sulla strada della città, i suoi passanti i suoi traffici.

Giuseppe Puntarello (©)